Un articolo tratto dal giornale "La Vera Roma" del 22 febbraio 1903 sul tema della canalizzazione delle acque dell'Aniene e la conseguente modifica del panorama tiburtino immortalato in dipinti e stampe da pittori di tutto il mondo. Il titolo dell'articolo è significativo e quasi premonitore della condizione attuale della città : "La Fine di Tivoli".
"Diciamolo chiaro e tondo : la fine di questa città lo sta preparando lo stesso Governo. Sopprimere in tutto o in parte, com' è intenzione, la grande Cascata e le storiche Cascatelle, è lo stesso che dar la morte e Tivoli.
Si, quella illustre e vetusta città, sorta innanzi a Roma, sarebbe morta all'arte, alla storia, al traffico, all' attrattiva, al bello delle natura, alla sua mondiale importanza, tolti che fossero , quegl'incanti soavemente belli e sovranamente pittoreschi, che sono le sue Cascate.
I forestieri in numero stragrande dal Novembre fino a quasi tutto Giugno recansi là per ammirare qui luoghi deliziosi, quelle acque cadenti, quei pittoreschi e ombrosi recessi, decantati da Orazio, da Stazio e dagli altri poeti e scrittori latini.
Ora si tolgano de quel colle delizioso le acque dell'Aniene per incondottarlo, come si tenta, ed uso di forze motrici, e Tivoli restarà una città morta : morta, perché senza il lieve sussurro delle sue linfe cadenti in bianchi fiocchi, in mille sorprendenti e svariati getti da quelle rocche, da quegli antri muscosi e meravigliosi, formati delle natura e dall'arte e dai depositi secolari delle acque stesse ; città morta, perché nessun forestiere vi metterà più piede, mancandovi la prima ed unica attrattiva che le rende piacevole; città morta, perché ai Tiburtini mancherà la quasi unica fonte di continuato guadagno.
I locandieri, i trattori, i vetturini, le guide, gli osti, i camerieri, e con essi tutti coloro, che provvedono alimenti, bevande e quant'altro occorre per la vita umana, perderebbero il lucro che li sostenta, poichè oltre i forestieri, anche gli Italiani e i Romani, se fanno una gita di piacere, prescelgono Tivoli a preferenza, unicamente per vedere ed ammirare l'incanto maraviglioso, che s' estende cola, dalla villa Gregoriana fino alla Villa di Quintilio Varo e dal tempio di Vesta alla cosi delta villa di Mecenate.
Una scena cosi varia, così incantevole, cosi sublimemente piacevole e caratteristica non creò altrove natura!
E il governo, che ci regge, con veramente paterna sollecitudine vuol distrutto il lavoro della gran Madre, perfezionato dall'arte!
Vuol togliere insomma la prerogativa più ammirabile e bella che la città possiede in certi punti, fin dall'epoca in cui i buoni fratelli Tiburzio e Catillo quella medesima città fondarono nel Castro Vetere sopra gli stessi profondi gorghi delle acque dell'Anio.
In quel lembo di Tivoli, che s'estende verso Nord-Ovest, le natura creò cose che incantano l'animo ed elettrizzano la fantasia, e che superano le bellezze della Tessaglia e dell'antica Canopo e le rive del Bosforo incantevole. Le rovine della villa di Manlio Vopisco, il tempio artistico di Vesta, le grotte delle Sirene e della Sibilla, per cui le acque spumanti e rumoreggianti precipitasi da enorme altezza per meravigliosi meati, la stipa del Bernini, il il praeceps Anio, il Tiburni lucus, i mobilus pomaria rivis, la domus Albuneae resonantis e i poggi deliziosi della ville di Catullo, di Cinzia, di Paterno, di Quintilio Varo, la grande Cascata e le Cascatelle, tutto l'assieme insomma lussureggiante e delizioso che forma in questa parte la calamita e lo stupore degli artisti e dei forestieri, la compiacenza e la gloria più bella del Tibur Superbum, dovrà dunque assolutamente perdere il suo carattere secolare per ridursi in muto deserto e cangiarsi in luogo di squallore e di morte?! E tutto ciò per causa di chi? del Governo, che per favorire tre o quattro privati industriali, vorrebbe ad una illustre e vetusta città depredare senza misericordia quella bellezza, quell'incanto, quelle gloria, che costituiscono la sua vita, perché sono del benessere e della fama di essa la vero sorgente.
Togliete e Tivoli le acque e la celebrità di Tivoli sarà ormai tramontata, e Tivoli stessa rimarrà un cadavere.
Ma resta la villa Adriana. Le villa Adriana è fatta poi dotti e per quelli che affin di vederla possono spendere la tassa d' ingresso. Le Cascate di Tivoli son fatte per tutti, nostrani e forestieri, pei dotti e pel popolo. Que' pochi, che andrebbero e Villa Adriana sen tornerebbero a Roma, punto curandosi di Tivoli, non più risonante delle fresche e spumeggianti linfe del vecchio Aniene. Allora si ch'essa sarebbe
la Tivoli del mal conforto, Dove per sua sventura eternamente sonerebbe a morto.
Dunque ? II dunque è questo che Municipio e Tiburtini, e quanti amano il decoro della città latina, le glorie dell'arte e della Regione Romana assorgano come un col uomo contro la inqualificabile proposta d'un Governo, senza criterio e senza logica, distruttore delle glorie patrie. La Vera Roma starà sempre con loro in questa lotta suprema. E mentre deplora il progettato disegno, invita i Tiburtini a sostenere energicamente i propri diritti. Si rispetti anzitutto la giustizia e il sentimento patrio !
I Tiburtini sono padroni della loro città, dei loro colli, delle loro acque da più che tremil'anni e nessuno può levarsi contro i sacrosanti diritti d'una città cosi importante per favorire l'altrui speculazione e, sia pure, l'utile di Roma, cui d'altronde può provvedersi altrimenti. Già si è tolto abbastanza all' importanza della città a causa dell'impianto delle forze idrauliche ed attentare più oltre alla vita di Tivoli è orrendo delitto. Oggigiorno conviene combattere energicamente contro certe pretese! Anzitutto l' utilità propria, e poi quella degli altri. Inaugurati i Cunicoli sotto Gregorio XVI, coniossi una medaglia, che in una faccia portava la scritta — Tiburtes Catillo perforato inducto Aniene servati Anno Domini MDCCCX XXV. Oggigiorno, se si mettesse in pratica l' idea del sapiente Governo, dovrebbe dirsi Tiburtes Catillo obstruto devincto Aniene necati!
Il cielo disperda l'augurio dei nemici di Tivoli."