lunedì 30 maggio 2016

Curiosità tiburtine : una descrizione dell'indole dei tiburtini

Saluti da Tivoli... nel suo libro "Viaggio a Tivoli antichissima città latino-sabina fatto nel 1825" l'autore Filippo Sebastiani descrive, tra l'altro, l'indole delle donne e degli uomini tiburtini.


Il Sebastiani così scrisse :" I tivolesi in generale troppo ingiustamente di tristo animo e di ferocia vengono accusati dalla fama.". Riconoscendo comunque che essi sono "coraggiosi, ospitali, devoti e gelosi sommamente delle vecchie costumanze" 


Il Sebastiani descrive i tiburtini come un popolo avente una "certa rusticità naturale" che essi dimostrano anche nei rapporti familiari e con le donne che sposano : ".... essendo per loro una medesima cosa il battere e lo accarezzare le proprie consorti".


D'altra parte, le donne tendono, secondo il Sebastiani, a considerare tali comportamenti come "vezzi e dimostrazioni di affetto". A tal proposito, in un'appendice del proprio libro, il Sebastiani narra un episodio di vita quotidiana tiburtina di cui è stato spettatore : " passando una mattina per una contrada no0n molto disgiunta dal mio albergo, vidi di molte donne che stavano in crocchio con una vicina, che gli faceva a narrar loro che il marito la sera innanzi gli aveva fiaccato una spalla. Fra le altre cose che le buone amiche gli suggerivano a consolazione, la principalissima fu questa = Che se non gli avesse voluto bene non l'avrebbe battuta".

Le donne sono descritte come "benfatte, di testa piccola di un bell'ovale e di grazioso profilo. Gli occhi sono per lo più neri ed hanno uno sguardo vivace che può dirsi ardito" e "laboriose a preferenza degli uomini e ad esse loro viene esclusivamente affidata la coltura della vite". Narra il Sebastiani della infinita devozione delle donne di Tivoli alla Madonna di Quintiliolo e a S. Francesco : "basta che venga indetta o novena o altra supplica a qualsivoglia di queste due sagre immagini per vedere al momento spopolate le case ed abbandonati anche i bambini alla buona ventura per accorrervi".


Per quanto riguarda gli uomini, il Sebastiani racconta che essi sono "eccessivamente amanti del vino"
tanto che non di rado essi accorrono nelle taverne con estrema sollecitudine a "sbevazzare" spendendo "tutto il danajo buscato in una settimana di lavoro" e "nei di festivi t'avviene sovente d'imbatterti in qualche ebbro che vada misurando la strada". Nelle serate e per lungo tempo anche nel corso della notte, il Sebastiani descrive l'abitudine di molti tiburtini di "cantare dei ritornelli o riboboli popolari da loro chiamati stornelli e l'armonia maggiore di questo canto consiste nel prolungare per quanto si abbia fiato, la desinenza di ognuno di quei versi fino ad imitare tanti lupi urlanti nelle foreste".


I tiburtini, secondo il Sebastiani, non sono molto appassionati degli studi classici e delle lettere dedicandosi con massimo interesse alla caccia e alla cura delle campagne. "Tutta l'attività e l'attenzione dè Tivolesi sembra diretta al circolo assai ristretto di quegli oggetti che stanno sotto i loro occhi. Quindi è che ogni storiella domestica o sociale, o qualunque altro avvenimento del giorno fa molto chiasso in città. Una novelletta galante e talora qualche caso insignificante che produca qualche effetto o in una conversazione o in un ridotto, è per molti giorni l'unico soggetto del discorso di tutti. La mancanza di serie occupazioni fa si che ad ogni amena novità ed accidente la città è tutta in moto"