lunedì 23 maggio 2016

Quando a Tivoli si costruivano gli archibugi… e non solo…


“a Tivoli dove si fabbricano canne da guerra in quantità…”

Agli inizi del ‘600, lo Stato della Chiesa provvedeva ad armare le proprie milizie con armi di vario genere : la fabbrica di  Tivoli e l’Armeria di San Pietro erano i due centri di produzione dei moschetti e degli archibugi.

L’archibugio è un antenato dei moderni fucili. L’archibugio da ruota poteva essere di due tipologie: corto (oggetto di maggiore severità, anche perché meglio occultabile) e lungo (il cui trasporto in certi casi di viaggio era permesso). Lungo o corto che fosse, era comunque un’arma vietatissima e micidiale per quell’epoca, poiché aveva, rispetto agli archibugi da corda o da fuoco, una migliore precisione e soprattutto una maggiore rapidità nello sparare. 

L'archibugio da ruota era così chiamato per un congegno a rotella nel sistema d'accensione, funzionante come un moderno accendisigari, congegno che lo rese rapido nello sparare, più preciso e funzionante in qualsiasi condizione. Sostituì i vecchi archibugi a corda, a miccia, i quali erano più macchinosi nell'uso e spesso facevano cilecca nel colpo.

L'archibugio ad acciarino, una successiva evoluzione tecnica di quest'arma, comparve solo nella prima metà dei Seicento. La distinzione fra archibugio lungo e corto era dovuta alla lunghezza della canna. Il porto d'armi per gli archibugi a canna corta non veniva mai concesso alle singole persone, mentre eccezioni erano praticate per quello a canna lunga

La produzione di moschetti nella fabbrica di Tivoli inizia nel 1598 per volontà di Clemente VIII che sviluppò la lavorazione del ferro e dell’industria siderurgica avviata già dai suoi predecessori che avevano creato le ferriere laziali importando il minerale dall’Isola d’Elba.

La produzione di armi a Tivoli venne affidata nel maggio del 1598 a Pier Antonio Patelli che, non riuscendo ad ottemperare agli impegni assunti, venne sostituito con il lucchese Matteo Pini che si impegna a fornire 40.000 moschetti prevedendo di produrne non meno di 800 al mese. Tuttavia, anche in questo caso, il produttore non riuscì a mantenere i livelli di produzione pattuiti e fu sostituito dal bolognese Andrea Buonohomo. Il Buonhomo riuscì ad attrezzare la fabbrica alla produzione massiccia di armi ma morì pochi mesi dopo aver assunto la guida della fabbrica (nel breve periodo che ne fu responsabile la produzione fu soddisfacente alle esigenze e a quanto stabilito : furono prodotti 411 archibugi e 155 moschetti provati e completati mentre altri 255 archibugi e 26 moschetti risultarono finiti ma non completi di tutti gli accessori.

Alla morte del Buonhomo, non riuscendo ad individuare un successore alla guida della fabbrica, la gestione del futuro della produzione di armi a Tivoli fu affidata ad una Congrezione che propose la vendita di tutte le attrezzature, le armi e quanto era spettante all’eredità. L’unico che si propone di comprare attrezzature e armi e di continuare l’attività fu il Matteo Pini che sottoscrive un contratto ventennale (fino al 1628). Al termine del contratto la fabbrica passa a Marco Antonio Riva.

Fonte :

Bruno Barbioli, Repertorio storico degli archibugiari italiani dal XIV al XX secolo,Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna