“a Tivoli dove si fabbricano canne da guerra in
quantità…”
Agli inizi del ‘600, lo
Stato della Chiesa provvedeva ad armare le proprie milizie con armi di vario
genere : la fabbrica di Tivoli e l’Armeria
di San Pietro erano i due centri di produzione dei moschetti e degli archibugi.
L’archibugio è un antenato dei moderni
fucili. L’archibugio da ruota poteva essere di due tipologie: corto (oggetto di
maggiore severità, anche perché meglio occultabile) e lungo (il cui trasporto
in certi casi di viaggio era permesso). Lungo o corto che fosse, era comunque
un’arma vietatissima e micidiale per quell’epoca, poiché aveva, rispetto agli
archibugi da corda o da fuoco, una migliore precisione e soprattutto una
maggiore rapidità nello sparare.
L'archibugio da ruota era così chiamato per un
congegno a rotella nel sistema d'accensione, funzionante come un moderno
accendisigari, congegno che lo rese rapido nello sparare, più preciso e
funzionante in qualsiasi condizione. Sostituì i vecchi archibugi a corda, a
miccia, i quali erano più macchinosi nell'uso e spesso facevano cilecca nel
colpo.
L'archibugio ad acciarino, una
successiva evoluzione tecnica di quest'arma, comparve solo nella prima metà dei
Seicento. La distinzione fra archibugio lungo e corto era dovuta alla lunghezza
della canna. Il porto d'armi per gli archibugi a canna corta non veniva mai
concesso alle singole persone, mentre eccezioni erano praticate per quello a
canna lunga
La produzione di moschetti
nella fabbrica di Tivoli inizia nel 1598 per volontà di Clemente VIII che
sviluppò la lavorazione del ferro e dell’industria siderurgica avviata già dai
suoi predecessori che avevano creato le ferriere laziali importando il minerale
dall’Isola d’Elba.
La produzione di armi a
Tivoli venne affidata nel maggio del 1598 a Pier Antonio Patelli che, non
riuscendo ad ottemperare agli impegni assunti, venne sostituito con il lucchese
Matteo Pini che si impegna a fornire 40.000 moschetti prevedendo di produrne
non meno di 800 al mese. Tuttavia, anche in questo caso, il produttore non
riuscì a mantenere i livelli di produzione pattuiti e fu sostituito dal
bolognese Andrea Buonohomo. Il Buonhomo riuscì ad attrezzare la fabbrica alla
produzione massiccia di armi ma morì pochi mesi dopo aver assunto la guida
della fabbrica (nel breve periodo che ne fu responsabile la produzione fu
soddisfacente alle esigenze e a quanto stabilito : furono prodotti 411
archibugi e 155 moschetti provati e completati mentre altri 255 archibugi e 26
moschetti risultarono finiti ma non completi di tutti gli accessori.
Alla morte del Buonhomo, non
riuscendo ad individuare un successore alla guida della fabbrica, la gestione
del futuro della produzione di armi a Tivoli fu affidata ad una Congrezione che
propose la vendita di tutte le attrezzature, le armi e quanto era spettante all’eredità.
L’unico che si propone di comprare attrezzature e armi e di continuare l’attività
fu il Matteo Pini che sottoscrive un contratto ventennale (fino al 1628). Al
termine del contratto la fabbrica passa a Marco Antonio Riva.
Fonte :
Bruno Barbioli, Repertorio storico degli archibugiari
italiani dal XIV al XX secolo,Cooperativa Libraria Universitaria Editrice
Bologna