Ancor oggi celebrato con una festosa sagra, il Pizzutello di Tivoli non è che una delle tante varietà di uva che un tempo venivano coltivate sul territorio tiburtino. Ad oggi, purtroppo di quelle antiche colture non resta che il ricordo e lo stesso Pizzutello è prodotto in quantità molto limitata.
In "Viaggio a Tivoli: antichissima città latino-sabina fatto nel 1825", Filippo Alessandro Sebastiani scrive :
"Dieciassette specie di uve si hanno in Tivoli, tolte le due famose da mensa, Pizzutello e pergolese (...) Uva Agrestona, Aleatica, Broccanica, Brocconichella, Gesanese, Cicco Lontano, Gerusalemme, Malvagia, Malvagia di Caudia, Moscadella, Nocchia, Nera, Smano Bianco, Smano Nero, Trebbiana, Tripò, Vesparola, Zibibo, Zibibona."
Circa l'importanza della coltura delle uve a Tivoli, in "Rivista dei più importanti prodotti naturali e manifatturieri dello Stato Pontificio" pubblicazione di Gaetano Nigrisoli edita nel 1857 si legge :
"Il territorio di Tivoli possiede il maggior numero di orti stante la comodità di poterli inaffiare colle acque dell’Aniene, che dopo aver servito a questo uso e di avere cooperato alla floridezza degli opificii manifatturieri, si precipita dal monte nel Teverone, formando le così dette Cascatelle, che porgono un maraviglioso e gradito spettacolo ai forestieri di ogni nazione, che vi si recano a visitarle. Tra le frutta di maggiore squisitezza abbiamo due specie d’ uva dette pizzutello e pergolese , che non prestansi profittevolmente alla vinificazione, per avere scarso sugo, e costituiscono invece frutta da tavola piuttosto rare in Italia. Il pizzutello comincia a maturare in Agosto e dura fino al termine di Novembre, divenendo in quest’epoca tanto gradevole da potersi paragonare con qualsivoglia candito il piò decantato. Il pergolese poi diversifica nella forma, e nel colorito dal pizzutello , non già nella squisitezza. Lo smercio delle specie d’ uva indicate reca a Tivoli l'annuo incasso di 30.000 scudi"
ed ancora in "Il Lazio viticolo e vinicolo" di Camillo Mancini del 1888 si legge :
"La produzione delle uve da tavola nella regione laziale non ha certo grande importanza, imperocché si restringe puramente ai bisogni del consumo lo- cale. Tuttavia questi bisogni sono abbastanza rilevanti, atteso il fatto di trovarsi in questa regione quel grandioso centro di consumo che è la città di Roma.
Pochi sono i comuni che si dedicano a questa coltivazione speciale ; per lo più vengono consumate come uve da pasto alcune varietà di uve che si prestano an- che, quantunque malamente, ad essere vinificate e che sono coltivate nei vigneti comuni. Oltre a ciò, in quasi tutti i comuni viticoli a ridosso dei casini di cam- pagna e qualche volta delle case di abitazione in città vengono tenute a pergolato delle varietà di uve da tavola più o meno buone colle quali si provvede ai bisogni della famiglia, dei parenti e degli amici.
Soltanto nel comune di Tivoli presso Roma si segue una coltura abbastanza estesa di uve da mensa, le quali vengono portate e vendute a convenienti prezzi sul vicino mercato di Roma.
Le varietà coltivate sono due il pizzutello (uva corna o cornetta ) ed il pergolese ricordata da Plinio col nome di oleagina. Il pizzutello è un’uva da mensa polposa, croccante, a buccia finissima, senza vinacciuoli; ha un color giallo pallido, acino allungato che si stringe alle due estremità, matura alla fine di luglio e dura tutt’ottobre.
Il pergolese è un’uva rossa da mensa, polposa, granellosa, a buccia fina, acino ovale, rotondo alle due estremità, della grossezza da 2 a 3 cm , grappolo grosso, serrato, spesso alato ed a punta, della lunghezza fino a 30 cm , e del peso ordinario di 350 grammi ; matura alla fine di ottobre e dura tutto dicembre.
Questi due vitigni vengono coltivati nel territorio di Tivoli a pergolati per l’estensione complessiva di circa 75 ettari, di cui quasi la metà sono tenuti a pizzutello e la metà a pergolese.
A Tivoli si calcola che un ettaro di pergolato dia 80 quintali di uva, la quale si vende ordinariamente L. 20 il quintale, di maniera che, tolto le spese, si ha un vistoso ricavo netto per ettara di circa L. 850,00. Nell’insieme i Tivolesi ricavano da questa lucrosa coltura dalle 75 000 alle 80 000 lire all’anno!
Oltre queste due varietà di viti si coltivano qua e là nella regione o a pergolato, od in mezzo ai vigneti ordinari, o più frequentemente sugli alberi, alcune altre varietà meno pregiate di uva da mensa quali il moscato , il moscatello ed il moscatellone, l'uva pane, il greco , lo zibibbo, il maturano ed altre che hanno meno importanza"
Ai giorni nostri, il Pergolese di Tivoli è un vitigno molto raro citato tra i "Frutti antichi o dimenticati (la definizione di "Frutti antichi o dimenticati" è dovuta al poeta Tonino Guerra ed indica quelle piante da frutto, che fino alla fine della Seconda guerra mondiale venivano considerate fondamentali, o almeno importanti, per il sostentamento delle famiglie italiane)
Di questo antico vitigno si legge :
Uva Pergolese di Tivoli
Antica terra di vigne e vini non poteva che essere rappresentata da un vitigno particolare, conosciuto come Pergolese di Tivoli, probabilmente collegato alla storia degli antichi Romani. Infatti, è stato ritrovato a Villa Adriana. Non sappiamo con certezza ma probabilmente i giardini e i pergolati delle ville romane dei dintorni di Tivoli erano ornati con questo bel vitigno. La Pergolese, la Pergola, o Prevola, era il tipico vitigno del pergolato, capace di fiorire fino a tre volte in un anno; esso ci riporta a una delle più antiche uve da tavola, con una notevole diffusione 35 Notiziario Aiel Irpaies in Italia, considerando che è possibile trovarla ancora anche in Puglia (nel Gargano e nel Salento); qui è conosciuta in genere come Uva Invernale. Non è facile trovare letteratura scientifica su questo vitigno; è maggiormente citata più in opere a carattere storico-antropologico (il pergolato) che in quelle scientifiche. Dalle informazioni ampelografiche raccolte (Biscotti, in corso di stampa; Minonne, 2008), la foglia è di grandezza media, pentalobata o trilobata; ma i caratteri più evidenti si riscontrano nei grappoli: grandi, lunghi, più o meno spargoli, con acini grossi, a polpa croccante, dalle diverse sfumature di colorazioni verde-giallo, rosa-rosso, rossoviolaceo. Un altro carattere certo è l’epoca di maturazione, particolarmente tardiva, che può coincidere col periodo natalizio e oltre (terza fioritura); spesso è ancora integra su tralci privi di foglie. Peculiare anche il fresco e delicato sapore. A Tivoli, come nel Gargano e nel Salento, è ancora il vitigno immancabile nei pergolati dei giardini interni, nei casolari di campagna o nei pergolati dentro i centri abitati (Gargano), anche se sempre più rari e vecchi. Molti anziani rimpiangono la presenza di quest’uva sulle tavole come buon auspicio del Natale e dell’anno nuovo. L’Uva Pergolese di Tivoli ha conosciuto usi vinificatori, ma le sue grandi potenzialità, oggi più di ieri, restano come uva da tavola. Nel Lazio vi sono alcuni agronomi e vivaisti che stanno cercando di recuperare queste uve cariche di storia e di sapore affinché non si perda il germoplasma che ci ricollega ai nostri antenati. (cfr. Notiziario Aiel Irpaies 2019)