martedì 28 giugno 2022

Gli architetti della Rocca Pia

Nella ricerca di chi sia stato l'architetto della Rocca Pia, unica fonte è il Vasari : egli riferisce che Antonio Averulino da Firenze, detto il Filarete, ebbe « due discepoli, Varrone e Nicolò fiorentini, che per ordine di Pio II restaurarono Tigoli quasi dai fondamenti ». 

 

La Rocca Pia (~1930)
 

In base a tale notizia il disegno della Rocca era attribuito al Filarete ed ai suoi discepoli; ma tale attribuzione pecca d'indeterminatezza. 

Escluso il Filarete, perché nel 1461 già da dieci anni si trovava a lavorare a Milano al servizio di Francesco Sforza (1450-1466) ed ivi rimase sino alla morte avvenuta dopo il 1470, restano i suoi due discepoli fiorentini, Varrone e Nicolò, sui quali peraltro manca ogni altra notizia biografica. Furono probabilmente abili maestri d'arte, ai quali, com'era usanza nel secolo XV, vennero affidati anche lavori d'un certo impegno. Inoltre, nella notizia del Vasari si coglie una certa esagerazione, là dove egli afferma che Varrone e Nicolò « restaurarono Tigoli quasi dai fondamenti », come se la città avesse avuto da loro chissà mai quale restauro generale, che non si evidenzia affatto da ciò che resta a Tivoli delle custruzioni del secolo XV. Si può quindi supporre che essi abbiano soltanto prestato la loro opera per semplici lavori di restauro occasionale, mentre l'unica costruzione ex-novo da essi curata fu la Rocca con tratti delle mura adiacenti.

 Dal Vasari e da altre fonti conosciamo anche la grande attività dei fratelli Antonio e Bernardo Rossellini coetanei di Pio II, i quali si distinsero nell'architettura militare, curando le fortificazioni di Civitavecchia, Civitacastellana, Orvieto, Spoleto e, a Roma, Castel S. Angelo e le Mura Vaticane. A loro il papa affidò anche la direzione dei lavori di Pienza, la città « razionale », sorta al posto del borgo rurale di Corsignano nel senese, dove Pio II era nato il 18 ottobre 1405. Del resto, la maggior parte degli architetti vissuti in quell'epoca non disdegnò l'architettura militare, come Michelozzo Michelozzi, e non la disdegnarono neppure pittori come Piero della Francesca ed il suo discepolo Melozzo da Forlì, il quale dipinse anche a Tivoli al tempo di Sisto IV nel 1475. 

Molti di costoro presumibilmente furono collaboratori della commissione di difesa: infatti, il piano difensivo dello Stato Pontificio, promosso dai papi dopo il ritorno Avignone (1377) e via via perfezionato, richiedeva il concorso di architetti, ai quali era affidata la costruzione o il restauro delle varie fortezze, secondo criteri concordati in base all'esperienza dei cardinali commissari, che non di rado erano veramente esperti dell'arte militare. 

Nell'architettura della Rocca si avvertono novità introdotte per un uso meno empirico e più razionale delle artiglierie, ma sono ancora presenti le torri cilindriche ed i vecchi appigli difensivi ereditati da tempi anteriori, come i ponti levatoi tra le torri e le mura adiacenti, i camminamenti mascherati e protetti da strutture lignee, le posterule, il maschio o torre maestra come fulcro della difesa, l'estrema rarefazione delle finestre, il fossato, le mura a scarpa, le torri alte e coronate, la merlatura guelfa. Erano appigli destinati a scomparire o ad essere radicalmente modificati. 

Le torri della Rocca Pia si abbassano ad altezze scalari per non coprire il campo di tiro alle bocche da fuoco; e nei decenni successivi l'abbassamento delle torri sarà progressivo e le farà scomparire per dar luogo ai poderosi baluardi collegati tra loro da muraglie enormi, più resistenti ai colpi delle artiglierie, ma a questo punto si arrivò circa un secolo dopo, merito soprattutto di Michele Sanmicheli. 

La Rocca Pia si appoggia con un piede nel medioevo, con l'altro nel rinascimento, allorché nuove forme niù razionali renderanno celebri gli architetti militari Antonio e Giuliano da Sangallo e Baccio Pontelli ai quali si devono le fortificazioni di Grottaferrata, Nettuno, Smigallia, Loreto ed il Castello di Ostia, che si dice fosse armato con 50 pezzi d'artiglieria, di cui 20 di grosso e 30 di piccolo calibro. a difesa della foce del Tevere. Con il Castello di Ostia la Rocca Pia presenta alcuni punti di contatto e forse aveva analogo armamento di bocche da fuoco. Se il Castello di Ostia, come si crede, fu opera di Baccio Pontelli, egli aveva avuto la. possibilità di valersi dell'esperienza tecnica dell'anziano cardinal Guglielmo D'Estouteville il quale, prima della nomina alla sede di Ostia,, quand'era ancora  abate del monastero benedettino di Mont-Saint-Michel, aveva applicato gli ultimi ritrovati dell'architettura militare nel restauro di quell'antico cenobio, che era divenuto  una fortezza inespugnabile in Normandia.  Sebbene il cardinal d'Estouteville non abbia avuto simpatia verso Pio II, tuttavia partecipò diligentemente al governo dello Stato Pontificio e fu largo di aiuti finanziari alla Camera Apostolica per l'organizzazione della crociata contro i turchi. È naturale pensare che gli archietetti militari si siano valsi della sua esperienza, maturata al contatto degli architetti francesi, che allora erano all'avanguardia nell'uso delle artiglierie. Anche lo spagnolo cardinal Giovanni Carvajal fu amico e collaboratore di Pio II come esperto militare e membro della commissione di difesa, insieme coi colleghi cardinali Giovanni Bessarione e Nicolò Forteguerri. 

Insomma, accettando l'attribuzione della Rocca Pia all'opera esecutiva di Varrone e Nicolò fiorentini, discepoli del Filarete, si può ritenere che essi abbiano realizzato l'edificio sui progetti della commissione di difesa dillo Stato Pontificio e forse secondo i consigli del cardinal d'Estouteville, che un ventennio dopo ideò il Castello di Ostia, terminato nel 1486 dal cardinal Giuliano della Rovere, il futuro papa Giulio II.

 

fonte : Camillo Pierattini, La Rocca Pia, in Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e d'Arte, Tivoli, 1982