Tivoli tra Miti, Eroi e l'Ascesa di Roma

L'arrivo di Enea in Italia e le prime interazioni con le popolazioni locali sono eventi che segnano profondamente la storia antica, in particolare quella di città come Tivoli. I

Tivoli, originariamente chiamata Città Erculea per il culto principale di Ercole introdotto da Catillo, fosse un centro fiorente e industrioso già in epoche remote. La sua posizione strategica, con l'Aniene che ne fiancheggia le mura e le sue acque facilmente derivabili, favoriva lo sviluppo di attività artigianali, in particolare la fabbricazione e riparazione di armi, come attestato da Virgilio.




L'arrivo di Enea in Italia, dopo la caduta di Troia, segnò un periodo di grandi cambiamenti e conflitti. Enea cercava un nuovo regno e asilo, e nonostante la presenza di Greci, suoi nemici, si avvicinò alle rive del Tevere per chiedere terre al Re Latino.

In questo contesto, il culto della Sibilla Tiburtina, detta anche Albunea, era già molto venerato non solo tra i suoi concittadini, ma in tutta Italia. Si riteneva che la Sibilla fosse nata e avesse pronunciato i suoi oracoli sulle rive dell'Aniene, riscuotendo grande venerazione già prima dell'arrivo di Enea. Re Latino stesso aveva consultato gli oracoli di suo padre Fauno e della Sibilla Albunea prima dell'arrivo dei Troiani.

Nonostante il Re Latino fosse inizialmente incline alla pace, l'arrivo dei Troiani scatenò un'ardente guerra nel Lazio.

Turno, Re dei Rutuli, geloso della gloria di Enea, mobilitò numerose armate per respingere i profughi Troiani. Tivoli, in quanto città florida e industriosa grazie ai regolamenti di Catillo e dei suoi figli, divenne un importante centro per la produzione e riparazione di armamenti.

Per contrastare i Troiani, i Latini cercarono alleanze con altri popoli, in particolare con il grecoDiomede, figlio di Tidéo, che si era stabilito in Puglia. A capo dell'ambasciata inviata a Diomede vi era Venulo Tiburtino, un uomo di grande valore militare, eloquenza e abilità diplomatica. Venulo presentò a Diomede la situazione nel Lazio, l'arrivo di Enea e la necessità di unire le forze contro la nascente potenza troiana.

Diomede, tuttavia, disapprovò la guerra contro Enea, ricordando i disastri che avevano colpito i condottieri Greci dopo la caduta di Troia. Egli suggerì di stringere amicizia con Enea piuttosto che combatterlo. Nonostante il parere di Diomede, la guerra contro Enea e i Troiani proseguì con furore.

Tra i principi che si distinsero in questa guerra vi furono i fratelli di Tiburto: Corace e Catillo il giovane. Essi, descritti da Virgilio come due Centauri per la loro ferocia in battaglia, combattevano uniti, seminando terrore e morte tra i nemici. Anche Venulo Tiburtino, l'ambasciatore, si dimostrò un valoroso guerriero.

Un'altra figura è Remulo, di probabile origine tiburtina, la cui famiglia era illustre. Un nipote di Remulo, anch'egli chiamato Remulo, morì in una guerra tra i Tiburtini e i Rutuli prima del conflitto con i Troiani. Successivamente, un altro Numano Remulo, cognato di Turno Re dei Rutuli e anch'egli tiburtino, si distinse per la sua audacia, ma fu ucciso da Ascanio.

Le armi troiane prevalsero sugli sforzi della Confederazione Italiana. Enea sposò Lavinia, figlia del Re Latino, e alla morte di quest'ultimo, fu proclamato suo successore. L'impero e la dominazione di Enea durarono circa tre anni; morì in una battaglia contro l'armata dei Rutuli. Il figlio di Enea, Ascanio, gli succedette. Dopo questa guerra, i popoli vissero in quiete per molti anni.

Ascanio fondò la città di Alba Longa. In seguito, sorse un conflitto per la successione al trono tra Giulio, figlio di Ascanio, e Silvio, figlio postumo di Enea. Prevalsero le ragioni di Silvio, che ottenne la corona e gli stati.

Durante il regno di Silvio, per consolidare il suo dominio, furono distaccate varie Colonie dalla capitale, tra cui Tivoli, che vide aumentare la sua popolazione, forza, commercio e industria. In questo periodo, Tivoli perse probabilmente Tiburto e i suoi fratelli. Gli antichi Tiburtini furono grati a Tiburto, tanto da divinizzarlo e dedicargli onori divini. Esisteva anche un antico tempio e un boschetto, chiamato "Boschetto di Tiburno", consacrati alla sua memoria.

La mancanza di fonti rende oscura la situazione di Tivoli dopo la morte di Tiburto. Si ritiene che il suo dominio fosse basato sui diritti di un conquistatore e principe assoluto, e che durante la dinastia di Catillo il Vecchio, non fosse dipendente dal regno dei successori di Enea. Tuttavia, dopo la morte del loro ultimo principe greco (Tiburto), i Tiburtini riconobbero i Re di Alba come sovrani, entrando a far parte del Regno Latino. Durante il periodo dei Re di Alba, Tivoli e tutto il Lazio godettero di costante tranquillità.

La fondazione di Roma da parte di Romolo segna un altro capitolo. Inizialmente, Romolo non fece grandi conquiste territoriali. Numa Pompilio, il suo successore, si dedicò alla civilizzazione dei Romani, evitando conflitti. Tullio Ostilio, il terzo Re di Roma, fu più incline alla guerra.

Cluilio, un cittadino di Alba, geloso della crescente potenza di Roma, radunò un esercito e dichiarò guerra a Tullio. In questa occasione, i Tiburtini, per la prima volta, si unirono contro i Romani. Tuttavia, il valore dei Tiburtini e degli altri Latini fu reso inutile dagli eventi. La vittoria di Orazio sui Curiazi decise le sorti dei due regni, e Alba dovette cedere la superiorità a Roma

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Testo liberamente tratto da 

- S.Viola, Storia di Tivoli dalla sua origine fino al secolo XVII, Tomo Primo, Roma, 1819

- Nicodemi, Marco Antonio, Storia di Tivoli, a cura di A.Bussi e V.Pacifici, Tivoli ,1926

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