Si erge maestosa e severa, con le sue quattro torri guelfe e i bastioni merlati, a testimonianza di secoli di storia e conflitti: è la Rocca Pia di Tivoli, la fortezza voluta da Papa Pio II Piccolomini nel XV secolo, un monumento la cui storia di potere, tutela e degrado continua a far discutere.
Origini e l'Ombra dell'Anfiteatro
La fondazione della Rocca risale al 1461, quando Papa Pio II, di ritorno da una sua visita a Tivoli, decise di avviare la costruzione di una fortezza in un luogo strategico, all'angolo ottuso formato dalle antiche mura ampliate da Federico Barbarossa nel 1155.
Per la sua fabbrica, i costruttori non esitarono a impiegare materiali di spoglio provenienti da un preesistente e vicino Anfiteatro romano, un’abitudine comune all’epoca che legava indissolubilmente il destino del castello alle vestigia della classicità. La costruzione, avviata da Pio II, fu poi portata avanti da Sisto IV a spese della Comunità tiburtina.
La fortezza si presenta con quattro torri di grandezza ascendente disposte in quadrilatero e possenti bastioni merlati. Sulla porta maggiore fu apposta un'arma papale e una lapidaria iscrizione latina, dal tono inequivocabilmente minaccioso: "grata bonis, invisa malis, inimica superbis" (gradita ai buoni, invisa ai malvagi, nemica ai superbi), a sottolineare la sua funzione di controllo pontificio.
Contesto Storico: Residenza e Conflitti
La posizione strategica della Rocca l'ha resa protagonista di eventi storici di rilievo. Nel 1528, fu teatro della presa da parte dei Colonna, che asportarono le artiglierie trasportandole tra Subiaco e Palestrina.
In periodi di relativa pace, come nel 1568, durante il governatorato del Cardinale Ippolito II d'Este, la Rocca fungeva da residenza per il luogotenente del Cardinale di Ferrara, messer Pietro Gigli, fungendo da centro amministrativo e di rappresentanza.
Da Fortezza a Carcere: Il Rifiuto del Comune
In epoca più recente, la storia della Rocca si intreccia con le esigenze della nuova Italia unita. Nel 1871, dopo che il Governo aveva sostenuto ingenti spese di restauro, il Municipio di Tivoli si rifiutò di prendere in consegna la struttura. Nonostante i restauri, l'amministrazione comunale riteneva che la Rocca fosse troppo vasta per essere destinata a un semplice carcere mandamentale.
Solo nel 1881, con l'autorizzazione del Ministero dell'Interno per il concentramento delle carceri giudiziarie, la Rocca fu ufficialmente consegnata e adibita a carcere, funzione che ha caratterizzato una parte significativa della sua storia moderna.
Le Polemiche del '900: Il Degrado e gli "Uomini Nuovi"
L'inizio del XX secolo fu un periodo di accese discussioni sullo stato di tutela della Rocca Pia. Gli articoli di giornale del tempo evidenziavano il profondo contrasto tra la sua austera importanza storica e l'incuria moderna.
Nel 1924, in particolare, l'articolo intitolato "Attorno alla Rocca Pia di Tivoli" a firma Bricol. (pseudonimo di Gustavo Brigante Colonna, che già nel 1922 aveva scritto un pezzo intitolato "La Rocca Pia") lanciò una vigorosa denuncia:
"L'autore lamenta che la sua austera maestà venga 'disconosciuta e deturpata' dai 'piccoli uomini nuovi'."
Il cuore della critica era rivolto all'allora amministrazione Rosa, rea di aver concesso aree edificabili a ridosso del castello quattrocentesco. In un esempio lampante di speculazione edilizia, l'autore denunciava la costruzione di un’"allegra casina liberty di tre piani" da parte della Cooperativa socialista fra muratori, un'opera che si addossava alle "troppo severe torri guelfe innalzate da Pio II", compromettendo la dignità del monumento storico. La denuncia di Bricol. sottolineava l'urgenza di isolare e mettere in luce i maggiori monumenti della città contro l'incuria del tempo e la speculazione edilizia.
La Rocca Pia rimane oggi un simbolo potente: una sentinella di pietra che ricorda la potenza papale e, allo stesso tempo, un monito sulla costante necessità di tutela e rispetto per il patrimonio storico.


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